59 A 44. LUCRET. I 830 sgg. Ed ora esaminiamo l'omeomeria di Anassagora, come la chiamano i Greci, e che la povertà della lingua materna non ci permette di rendere nel nostro idioma: ad ogni modo è facile chiarire con le parole di che si tratta. Prima di tutto, quel che egli chiama omeomeria delle cose consiste in ciò ch'egli ritiene che le ossa, ad esempio, risultano di ossa piccolissime e minute e i visceri di visceri piccolissimi e minuti, e che il sangue è prodotto da molte gocce di sangue che si raccolgono insieme, che l'oro è formato di briciole d'oro, che la terra deriva dall'agglomeramento di piccole parti di terra, che il fuoco risulta dal fuoco, l'acqua dall'acqua - e tutte le altre cose pensa e immagina allo stesso modo. Tuttavia non ammette assolutamente che nelle cose esista il vuoto e che ci sia un termine alla divisione dei corpi. G Quindi per l'uno e per l'altro punto mi sembra che sbagli come quelli di cui parlammo prima. Aggiungi che immagina i princìpi troppo deboli, se sono princìpi quelli che risultano forniti della stessa natura delle cose e come le cose patiscono e muoiono e niente li sottrae alla rovina. E infatti, quale di essi potrà resistere sotto una stretta gagliarda sì da sfuggire alla distruzione, già tra i denti della morte? Il fuoco o l'acqua o l'aria? Quale di questi? il sangue o le ossa? Nessuno, io penso, dal momento che ogni cosa sarà nella stessa misura intimamente mortale come quel che alla luce vediamo sparire ai nostri occhi sopraffatto da una qualche forza. Ma che le cose non possano crollare nel nulla né d'altra parte crescere dal nulla, io l'affermo in forza di quanto s'è già dimostrato. Inoltre, poiché il cibo accresce il corpo e l'alimenta, si può dedurre che in noi le vene e il sangue e le ossa *** 6* o se diranno che tutti i cibi sono di sostanze miste ed hanno in sé piccole parti di nervi e ossa e, ovviamente, vene e particelle di sangue, ne verrà che ogni cibo, sia solido sia liquido, si ritenga esso pure composto di parti d'altra natura, di ossa e di nervi e di sanie e di sangue commisti. Inoltre, se tutti i corpi che nascono dalla terra sono contenuti nella terra, è necessario che la terra consti di parti d'altra natura che nascono dalla terra. Applica il ragionamento ad un altro oggetto: potrai usare le stesse parole: se nel legno si celano la fiamma, il fumo, la cenere, è necessario che il legno consti di parti d'altra natura. Insomma la terra accresce ed alimenta con parti d'altra natura tutti i corpi, i quali nascono da parti di altra natura. /

A questo punto si presenta ad Anassagora una piccola scappatoia a cui s'appiglia, di ritenere cioè che tutte le cose si nascondono mischiate in tutte le cose, ma che appare soltanto quella di cui ve ne sono mescolate di più e più in vista e piazzate in prima fila. G Ora questo è pienamente respinto dalla verità: in tal caso infatti bisognerebbe che il grano, quand'è franto dalla minacciosa potenza della mola, desse una qualche traccia di sangue o di qualcosa che trae origine dal nostro corpo: quando poi stritoliamo il grano con la pietra contro la pietra, dovrebbe gocciare il sangue. Per la stessa ragione converrebbe pure che spesso le erbe e le acque mandassero gocce dolci e di sapore simile al latte grasso delle pecore lanute, naturalmente, e che, quando si polverizzano le zolle di terra, si vedessero nascondersi mescolati nella terra minuzzoli d'erba di vario genere e frutti e fronde: e infine si dovrebbero vedere cenere e fuoco nel legno quando è scheggiato in piccole parti e, insieme, impercettibili fuochi latenti. /

59 A 44. LUCRET. I 830 ff.
830 nunc et Anaxagorae scrutemur homoeomerian,
[II 17. 25 App.] quam Grai memorant nec nostra dicere lingua
concedit nobis patrii sermonis egestas,
sed tamen ipsam rem facilest exponere verbis.
principio, rerum quam dicit homoeomerian,
835 ossa videlicet e pauxillis atque minutis
[II 17. 30] ossibus hic et de pauxillis atque minutis
visceribus viscus gigni sanguenque creari
sanguinis inter se multis coeuntibus guttis,
ex aurique putat micis consistere posse
840 aurum et de terris terram concrescere parvis,
[II 17. 35 App.] ignibus ex ignis, umorem umoribus esse,
cetera consimili fingit ratione putatque.
nec tamen esse ulla de parte in rebus inane
concedit neque corporibus finem esse secandis...
G 845 quare in utraque mihi pariter ratione videtur
errare atque illi, supra quos diximus ante.
adde quod imbeciha nimis primordia fingit;
si primordia sunt, simili quae praedita constant
natura atque ipsae res sunt acqueque laborant
850 et pereunt neque ab exitio res ulla refrenat.
nam quid in oppressu valido durabit eorum,
ut mortem effugiat, leti sub dentibus ipsis?
ignis an umor an aura? quid horum? sanguen an ossa?
nil, ut opinor, ubi ex aequo res funditus omnis
855 tammortalis erit quam quae manifesta videmus
ex oculis nostris aliqua vi victa perire.
at neque reccidere ad nilum res posse neque autem
crescere de nilo testor res ante probatas.
Praeterea quoniam cibus auget corpus alítque,
860 scire licet nobis venas et sanguen et ossa
sive cibos omnis commixto corpore dicent
esse et babere in se nervorum corpora parva
ossaque et omnino venas partisque cruoris,
fiet uti cibus omnis, et aridus et liquor ipse,
865 ex alienigenis rebus constare putetur,
ossibus et nervis saníeque et sanguine mixto.
praeterea quaecumque e terra corpora crescunt
si sunt in terris, terram constare necessest
ex alienigenis, quae terris exoriuntur.
870 transfer item, totidem verbis utare licebit.
in lignis si fiamma latet fumusque cinisque,
ex alienigenis consistant ligna necessest.
praeterea tellus quae corpora cumque alit, auget

*
ex alienigenis, quae lignis exoriuntur.
875 Linquitur hic quaedam latitandi copia tenvis, /
876 id quod Anaxagoras sibi sumit, ut omnibus omnis
[II 17. 40] res putet immixtas rebus latitare, sed illud
apparere unum cuius sint plurima mixta
et magis in promptu primaque in fronte locata.
G 880 quod tamen a vera longe ratione repulsumst.
conveniebat enim fruges quoque saepe, minaci
robore cum saxi franguntur, mittere signum
sanguinis aut aliquid, nostro quac corpore aluntur,
cum lapidi in lapidem terimus, manare cruorem.
885 consimili ratione herbas quoque saepe decebat
et latices dulcis guttas similique sapore
mittere, lanigerae quali sunt ubere lactis,
scilicet, et glebis terrarum saepe friatis
herbarum genera et fruges frondisque videri
890 dispertita inter terram latitare minute,
postremo in lignis cinerem fumumque videri,
cum praefracta forent, ignisque latere minutos. /