59A 45. ARISTOT. phys. Γ 4. 203 a 19. Quanti poi fanno gli elementi infiniti [di numero] come Anassagora e Democrito, l'uno con gli omeomeri, l'altro con l'universale riserva seminale di figure, dicono con ciò che l'infinito è continuo per contatto, e l'uno vuole che ogni parte sia una mescolanza come il tutto, perché vede che ogni cosa viene da ogni cosa: per questo motivo pare ch'egli affermi che un tempo tutte le cose erano insieme, ad esempio questa carne e quest'osso e così quest'altro, sia quel che sia: e insomma tutto - e lo erano, beninteso, contemporaneamente, perché l'inizio della separazione non si verificò soltanto per ciascuna cosa, ma per tutte. G ARISTOT. phys. Γ 4. 203 a 19. E poiché ciò che è prodotto è prodotto da un corpo di determinata natura e di tutte le cose c'è generazione, solo che non contemporaneamente, anche per tale generazione ci dev'essere un principio, e un principio unico ch'egli chiama Intelletto e l'Intelletto lavora da un certo inizio pensando: sicché di necessità a un certo momento tutte le cose erano insieme e a un certo momento cominciarono ad essere mosse. ARISTOT. de gen. et corr. A 10. 327 b 18. Ma non è possibile che il bianco e la scienza entrino nel miscuglio, come pure ciascun'altra [di quelle qualità e proprietà] che non sono separabili. Commettono quindi un errore quanti sostengono che una volta tutte le cose erano insieme: in effetti non ogni cosa può essere mischiata a ogni cosa, ma bisogna che ciascuno dei due componenti del miscuglio sussista in modo da poter essere separato: ora nessuna delle qualità può essere separata dal suo supporto. / SIMPLIC. phys. 460, 4. Dal momento che Anassagora pone come princìpi le omeomerie e Democrito gli atomi, infiniti per numero l'uno e l'altro, indagando dapprima l'opinione di Anassagora, [Aristotele] ci indica anche il motivo per cui Anassagora è giunto a tale supposizione e dimostra che lui deve dire che non solo il miscuglio intero è infinito per grandezza, ma anche ciascuna omeomeria, in quanto ha allo stesso modo del miscuglio intero tutti i componenti e non solo infiniti, ma infinite volte infiniti. A tale concezione Anassagora giunse perché riteneva che niente si produce dal non ente e che ogni cosa si nutre del simile. Vedeva infatti che tutto viene dal tutto, anche se non immediatamente ma secondo un ordine (in realtà dal fuoco l'aria, dall'aria l'acqua, dall'acqua la terra, dalla terra la pietra e dalla pietra di nuovo il fuoco e anche dando lo stesso cibo, ad esempio il pane, molte cose e dissimili si producono, la carne, le ossa, le vene, i nervi, i capelli, le unghie, le ali, e, se se ne dà il caso, anche le corna, e in effetti il simile si accresce mediante il simile). Perciò suppose che fossero nel cibo e che anche nell'acqua, se di questa si nutrono gli alberi, ci fossero legno, corteccia, frutta. Quindi diceva che ogni cosa è mescolata in ogni cosa e che la nascita avviene per separazione. A questo lo spingeva forse anche il fatto che, pur se talune cose rimangono in quiete, altre si formano da loro, così dalla pietra il fuoco e dall'acqua quando gorgoglia l'aria. Vedendo dunque che da ciascuna di quelle cose che adesso risultano dalla divisione tutte le cose si separano, ad esempio dal pane la carne, l'ossa e il resto, quasi che in esso pane tutte le cose si trovino nello stesso tempo e mescolate insieme, da ciò egli supponeva che tutte le cose fossero mescolate insieme prima della separazione. Perciò egli ha dato inizio in tal modo al suo scritto: «Insieme erano tutte le cose» [B 1] sicché qualsiasi cosa, ad esempio questo pane, è mescolanza di questa carne e di quest'osso in maniera uguale al tutto. SIMPLIC. phys. 1123, 21. Pareva che Anassagora dicesse che, essendo insieme tutte le cose e rimanendo ferme per l'infinito tempo anteriore, l'intelletto facitore del mondo, volendo separare le diverse specie che, egli chiama omeomerie, impresse ad esse il movimento. 59 A 45. ARISTOT. Phys. Γ 4. 203 a 19 [II 18. 1] ὅσοι δ' ἄπειρα ποιοῦσι τὰ στοιχεῖα, καθάπερ Ἀ. καὶ Δημόκριτος, ὁ μὲν ἐκ τῶν ὁμοιομερῶν, ὁ δ' ἐκ τῆς πανσπερμίας τῶν σχημάτων, τῆι ἁφῆι συνεχὲς τὸ ἄπειρον εἶναί φασιν. καὶ ὁ μὲν ὁτιοῦν τῶν μορίων εἶναι μεῖγμα ὁμοίως τῶι παντὶ διὰ τὸ ὁρᾶν ὁτιοῦν ἐξ ὁτουοῦν γιγνόμενον. G ARISTOT. phys. Γ 4. 203 a 19. ἐντεῦθεν γὰρ ἔοικε καὶ ὁμοῦ ποτὲ πάντα χρήματα φάναι εἶναι, οἷον ἥδε ἡ σὰρξ καὶ τόδε τὸ ὁστοῦν, καὶ οὕτως ὁτιοῦν˙ καὶ πάντα ἄρα˙ καὶ ἅμα τοίνυν˙ ἀρχὴ γὰρ οὐ μόνον ἐν ἑκάστῳ ἔστι τῆς διακρίσεως, ἀλλὰ καὶ πάντων. ἐπεὶ γὰρ τὸ γιγνόμενον ἐκ τοῦ τοιούτου γίγνεται σώματος, πάντων δ' ἔστι γένεσις πλὴν οὐχ ἅμα, καί τινα ἀρχὴν δεῖ εἶναι τῆς γενέσεως, αὕτη δ' ἐστὶν μία, οἷον ἐκεῖνος καλεῖ νοῦν, ὁ δὲ νοῦς ἀπ' ἀρχῆς τινος ἐργάζεται νοήσας˙ ὥστε ἀνάγκη ὁμοῦ ποτε πάντα εἶναι καὶ ἄρξασθαί ποτε κινούμενα. ARISTOT. de gen. et corr. A 10. 327 b 18. Ἀλλὰ μὴν οὐδὲ τὸ λευκόν γε καὶ τὴν ἐπιστήμην ἐνδέχεται μιχθῆναι, οὐδ' ἄλλο τῶν μὴ χωριστῶν οὐδέν. Ἀλλὰ τοῦτο λέγουσιν οὐ καλῶς οἱ πάντα ποτὲ ὁμοῦ φάσκοντες εἶναι καὶ μεμίχθαι˙ οὐ γὰρ ἅπαν ἅπαντι μικτόν, ἀλλ' ὑπάρχειν δεῖ χωριστὸν ἑκάτερον τῶν μιχθέντων˙ τῶν δὲ παθῶν οὐθὲν χωριστόν. / SIMPL. z. d. St. 460, 4 [II 18. 5] ἐπειδὴ δὲ ὁ μὲν Ἀ. τὰς ὁμοιομερείας, ὁ δὲ Δημόκριτος τὰς ἀτόμους ἀπείρους ἑκάτερος τῶι πλήθει ὡς ἀρχὰς ὑποτίθεται, τὴν Ἀναξαγόρου πρῶτον ἱστορῶν δόξαν καὶ τὴν αἰτίαν ἡμᾶς διδάσκει, δι' ἣν εἰς τοιαύτην ἦλθεν ὁ Ἀ. ὑπόνοιαν, καὶ δείκνυσιν ὅτι οὐ μόνον τὸ ὅλον μῖγμα ἄπειρον ἀνάγκη τῶι μεγέθει λέγειν αὐτόν, ἀλλὰ καὶ ἑκάστην ὁμοιομέρειαν ὁμοίως τῶι ὅλωι πάντα ἔχουσαν [II 18. 10] ἐνυπάρχοντα, καὶ οὐδὲ ἄπειρα μόνον ἀλλὰ καὶ ἀπειράκις ἄπειρα. ἀλλ' εἰς μὲν τὴν τοιαύτην ἔννοιαν ὁ Ἀ. ἦλθεν ἡγούμενος μηδὲν ἐκ τοῦ μὴ ὄντος γίνεσθαι καὶ πᾶν ὑπὸ ὁμοίου τρέφεσθαι. ὁρῶν οὖν πᾶν ἐκ παντὸς γινόμενον, εἰ καὶ μὴ ἀμέσως ἀλλὰ κατὰ τάξιν (καὶ γὰρ ἐκ πυρὸς ἀὴρ καὶ ἐξ ἀέρος ὕδωρ καὶ ἐξ ὕδατος γῆ καὶ ἐκ γῆς λίθος καὶ ἐκ λίθου πάλιν πῦρ, καὶ τροφῆς δὲ τῆς αὐτῆς προσφερομένης [II 18. 15 App.] οἷον ἄρτου πολλὰ καὶ ἀνόμοια γίνεται, σάρκες ὀστᾶ φλέβες νεῦρα τρίχες ὄνυχες καὶ πτερὰ δὲ εἰ οὕτω τύχοι καὶ κέρατα, αὔξεται δὲ τὸ ὅμοιον τῶι ὁμοίωι). διὰ ταῦτα ἐν τῆι τροφῆι ὑπέλαβεν εἶναι καὶ ἐν τῶι ὕδατι, εἰ τούτωι τρέφοιτο τὰ δένδρα, ξύλον καὶ φλοιὸν καὶ καρπόν. διὸ πάντα ἐν πᾶσιν ἔλεγε μεμῖχθαι καὶ τὴν γένεσιν κατὰ ἔκκρισιν γίνεσθαι. πρὸς τοῦτο δὲ ἐνῆγεν ἴσως καὶ τὸ μενόντων [II 18. 20] τινῶν γίνεσθαι ἀπ' αὐτῶν ἄλλα ὥσπερ ἐκ λίθου πῦρ καὶ ἐξ ὕδατος πομφολυγίζοντος ἀέρα. ὁρῶν οὖν ἀφ' ἑκάστου τῶν νῦν διακεκριμένων πάντα ἐκκρινόμενα οἷον ἀπὸ ἄρτου σάρκα καὶ ὀστοῦν καὶ τὰ ἄλλα, ὡς πάντων ἅμα ἐνυπαρχόντων αὐτῶι καὶ μεμιγμένων ὁμοῦ, ἐκ τούτων ὑπενόει καὶ πάντα ὁμοῦ τὰ ὄντα μεμῖχθαι πρότερον πρὶν διακριθῆναι. διὸ καὶ οὕτως ἤρξατο τοῦ συγγράμματος˙ 'ἦν ὁμοῦ [ΙΙ 18. 25 App.] πάντα χρήματα' [B 1] ὥστε 'ὁτιοῦν' οἷον τὸν ἄρτον τόνδε καὶ σαρκὸς τῆσδε καὶ τοῦδε τοῦ ὀστοῦ 'μῖγμα εἶναι ὁμοίως τῶι παντι'. [daraus fr. 16 Schaub. !] SIMPLIC. phys. 1123, 21 ἐδόκει δὲ λέγειν ὁ Ἀ., ὅτι ὁμοῦ πάντων ὄντων χρημάτων καὶ ἠρεμούντων τὸν ἄπειρον πρὸ τοῦ χρόνον βουληθεὶς ὁ κοσμοποιὸς νοῦς διακρῖναι τὰ εἴδη, ἅπερ ὁμοιομερείας καλεῖ, κίνησιν αὐταῖς ἐνεποίησεν.