68 A 60. ARISTOT. de gen. et corr. A 8. 326 a 9. Eppure Democrito dice che l'atomo è più pesante a seconda dell'eccedenza [di volume]. ARISTOT. de cael. Δ 2. 309 a 1. Quelli che affermano che [gli elementi primi] sono solidi hanno più ragione di dire che, di essi, quello più grande è anche più pesante. Nei composti invece, poiché è manifesto che non tutti hanno questa proprietà41* anzi vediamo che molte cose di volume minore pesano di più, come ad esempio il bronzo in confronto alla lana, alcuni filosofi pensano che ci dev'essere un'altra causa e dicono così: che il vuoto racchiuso nei corpi è quello che li rende leggeri e fa sì che talvolta a maggior volume corrisponda minor peso, e cioè quando contengono più vuoto... In questo modo si esprimono, ma è necessario che essi alla loro definizione aggiungano questo: un corpo deve non solo possedere più vuoto, se è leggero, ma anche meno solido: perché se sarà oltrepassata questa proporzione, il corpo non sarà affatto più leggero. E per questo anche dicono che il fuoco è leggerissimo, perché contiene moltissimo vuoto. Allora accadrà che molto oro, poiché contiene maggior quantità di vuoto che non un piccolo fuoco, sarà più leggero del fuoco, se non avrà anche una quantità di solido parecchie volte superiore a quella del fuoco. ARISTOT. de cael. Δ 2. 309 b 34. Ma se [la materia è] un contrario (310 a), come per i sostenitori del vuoto e del pieno, non si spiega per qual ragione i corpi intermedi tra quelli semplicemente pesanti e quelli semplicemente leggeri siano più pesanti o più leggeri gli uni in rapporto agli altri e in rapporto a quelli che sono tali42* semplicemente. E il definire [il peso] secondo la grandezza e la piccolezza si addice alla fantasticheria anche più delle ipotesi precedenti... E [sono costretti a dire] che non vi è nulla che sia assolutamente leggero e fornito di movimento verso l'alto e che invece si tratta di corpi i quali ritardano o sono respinti dal basso; così pure che un gran numero di corpi piccoli fa un peso maggiore di pochi corpi grandi. 68 A 60. ARISTOT. de gen. et corr. A 8 καίτοι βαρύτερόν γε κατὰ τὴν [II 99. 20] ὑπεροχήν φησιν εἶναι Δ. ἕκαστον τῶν ἀδιαιρέτων. ARISTOT. de caelo Δ 2. 309 α 1 τοῖς δὲ στερεὰ [nämlich τὰ πρῶτα λέγουσιν in Gegensatz zu Platon] μᾶλλον ἐνδέχεται λέγειν τὸ μεῖζον εἶναι βαρύτερον αὐτῶν. τῶν δὲ συνθέτων, ἐπειδήπερ οὐ φαίνεται τοῦτον ἔχειν ἕκαστον τὸν τρόπον, ἀλλὰ πολλὰ βαρύτερα ὁρῶμεν ἐλάττω τὸν ὄγκον ὄντα καθάπερ ἐρίου χαλκόν, ἕτερον τὸ αἴτιον οἴονταί τε καὶ λέγουσιν ἔνιοι˙ τὸ [II 99. 25] γὰρ κενὸν ἐμπεριλαμβανόμενον κουφίζειν τὰ σώματά φασι καὶ ποιεῖν ἔστιν ὅτε τὰ μείζω κουφότερα˙ πλεῖον γὰρ ἔχειν κενόν ... λέγουσι μὲν οὖν τοῦτον τὸν τρόπον, ἀνάγκη δὲ προσθεῖναι τοῖς οὕτω διορίζουσιν μὴ μόνον τὸ κενὸν ἔχειν πλεῖον, ἂν ἧι κουφότερον, ἀλλὰ καὶ τὸ στερεὸν ἔλαττον˙ εἰ γὰρ ὑπερέξει τῆς τοιαύτης ἀναλογίας οὐκ ἔσται κουφότερον. διὰ γὰρ τοῦτο καὶ τὸ πῦρ εἶναί φασι κουφότατον,[II 99. 30 App.] ὅτι πλεῖστον ἔχει κενόν. συμβήσεται οὖν μικροῦ πυρὸς πολὺν χρυσὸν πλεῖον ἔχοντα τὸ κενὸν εἶναι κουφότερον, εἰ μὴ καὶ στερεὸν ἕξει πολλαπλάσιον. ARISTOT. de caelo Δ 2. 309 b 34 ἐναντίας δὲ [nämlich τῆς ὕλης οὔσης] (310 a) καθάπερ οἱ τὸ κενὸν καὶ πλῆρες, οὐκ ἔσται τὰ μεταξὺ τῶν ἁπλῶς βαρέων καὶ κούφων διὰ τίν' αἰτίαν βαρύτερα καὶ κουφότερα ἀλλήλων καὶ τῶν ἁπλῶν ἐστιν. τὸ δὲ μεγέθει καὶ μικρότητι διορίζειν πεπλασμένωι [II 99. 35 App.] μὲν ἔοικε μᾶλλον τῶν πρότερον ... καὶ μήθ' ἁπλῶς εἶναι μηθὲν κοῦφον μήτε φερόμενον ἄνω ἀλλ' ἢ ὑστερίζον ἢ ἐκθλιβόμενον καὶ πολλὰ μικρὰ ὀλίγων μεγάλων βαρύτερα εἶναι.