68 A 62. ARISTOT. de cael. Δ 6. 313 a 21. Quanto a tutti questi fenomeni [il galleggiare di laminette metalliche e simili sull'acqua], non è giusto determinarne la causa nel modo seguito da Democrito. Infatti egli dice che le parti43* calde che si elevano dall'acqua sostengono alla superficie quei corpi pesanti che sono piatti, mentre quelli stretti cadono al fondo perché poche sono le parti calde che oppongono resistenza ad essi. Ma allora ciò dovrebbe verificarsi ancor meglio nell'aria, secondo l'obbiezione che Democrito si fa da se stesso. Ma, fatta l'obbiezione, egli la risolve troppo comodamente: perché afferma che qui l'impeto [τὸν σοῦν] non riesce a concentrarsi in un punto, e con 'impeto' [σοῦν] intende il movimento delle parti [calde] che si muovono verso l'alto. 68 A 62. ARISTOT. de caelo Δ 6. 313 a 21 περὶ δὴ τούτων ἁπάντων [Schwimmen von Metallplättchen u. dgl. auf dem Wasser] τὸ μὲν νομίζειν αἴτιον εἶναι ὥσπερ Δ. οὐκ ὀρθῶς ἔχει. ἐκεῖνος γάρ φησι τὰ ἄνω φερόμενα θερμὰ ἐκ τοῦ ὕδατος ἀνοκωχεύειν τὰ πλατέα τῶν ἐχόντων βάρος, τὰ δὲ στενὰ διαπίπτειν˙ ὀλίγα γὰρ [II 100. 20] εἶναι τὰ ἀντικρούοντα αὐτοῖς. ἔδει δ' ἐν τῶι ἀέρι ἔτι μᾶλλον τοῦτο ποιεῖν, ὥσπερ ἐνίσταται κἀκεῖνος αὐτός. ἀλλ' ἐνστὰς λύει μαλακῶς˙ φησὶ γὰρ οὐκ εἰς ἓν ὁρμᾶν τὸν σοῦν, λέγων 'σοῦν' τὴν κίνησιν τῶν ἄνω φερομένων σωμάτων.