59 A 89. ARISTOT. meteor. B 7. 365 a 14. In seguito si deve parlare delle scosse e dei movimenti tellurici... Ci sono state tramandate finora in proposito tre teorie da tre parti: infatti ne parlarono Anassagora di Clazomene, e prima di lui Anassimene di Mileto e dopo costoro Democrito di Abdera. Anassagora, dunque, dice che l'etere, che per natura tende a salire, cadendo nelle parti basse e cave della terra, la scuote: perché la parte superiore è resa compatta dalle piogge - per natura la terra è tutta ugualmente porosa - come se ci fosse di tutta la sfera la parte superiore e l'inferiore, e la parte superiore fosse quella su cui abitiamo, l'altra quella inferiore... ARISTOT. meteor. B 7. 365 a 31. Ma è ugualmente ingenuo dire che [la terra] sta sopra l'aria per la sua grandezza e sostenere che è scossa quando viene colpita dal basso verso l'alto in tutta la sua ampiezza. Oltre a ciò, non rende ragione di nessuna delle circostanze che accompagnano i terremoti. AËT. III 15, 4 [Dox. 379; a proposito dei terremoti]. Anassagora afferma che avvengono a causa dell'aria, la quale cadendo penetra nella compattezza della superficie terrestre e non riuscendo a trovare una via d'uscita scuote con sussulti l'involucro. SENEC. nat. quaest. VI 9, 1. Taluni ritengono che la causa del terremoto è il fuoco, altri invece non lo ritengono . Tra i primi c'è Anassagora, il quale suppone che per un motivo quasi simile sono scosse l'aria e la terra, quando il vento zona a noi sottostante14* spezza l'aria densa e raccolta in nubi con la stessa violenza con cui di solito da noi si vedono lacerate le nuvole, e il fuoco sprizza da tale collisione di nuvole e dalla corrente d'aria. Questo stesso fuoco si slancia contro ciò che gli si para davanti cercando un'uscita e distrugge ogni ostacolo, finché o trova una via sia pure stretta verso il cielo o se la procura da sé con forza e con danno. 59 A 89. ARISTOT. Meteor. B 7. 365 a 14 περὶ δὲ σεισμοῦ καὶ κινήσεως γῆς ... a 19 [II 26. 25] Ἀ. μὲν οὖν φησι τὸν αἰθέρα πεφυκότα φέρεσθαι ἄνω, ἐμπίπτοντα δ' εἰς τὰ κάτω τῆς γῆς καὶ τὰ κοῖλα κινεῖν αὐτήν˙ τὰ μὲν γὰρ ἄνω συναληλίφθαι διὰ τοὺς ὄμβρους, ἐπεὶ φύσει γε πᾶσαν ὁμοίως εἶναι σομφήν, ὡς ὄντος τοῦ μὲν ἄνω τοῦ δὲ κάτω τῆς ὅλης σφαίρας καὶ ἄνω μὲν τούτου ὄντος τοῦ μορίου ἐφ' οὗ τυγχάνομεν οἰκοῦντες, κάτω δὲ θατέρου. ARISTOT. Meteor. B 7. 365 a 31 (εὔηθες) καὶ τὸ λέγειν μὲν ὡς διὰ τὸ μέγεθος ἐπὶ τοῦ [II 26. 30] ἀέρος μένει, σείεσθαι δὲ φάσκειν τυπτομένην κάτωθεν ἄνω δι' ὅλης. πρὸς δὲ τούτοις οὐθὲν ἀποδίδωσι τῶν συμβαινόντων περὶ τοὺς σεισμούς. AËT. III 15, 4 (D. 379; περὶ σεισμῶν γῆς) Ἀ. ἀέρος ὑποδύσει τῆι μὲν πυκνότητι τῆς ἐπιφανείας προσπίπτοντος, τῶι δὲ ἔκκρισιν λαβεῖν μὴ δύνασθαι τρόμωι τὸ περιέχον κραδαίνοντος. SENEC. Nat. qu. VI 9, 1 ignem causam motus [näml. terrae] quidam [II 26. 35 App.] et quidam non unicam causam iudicant. inprimis A. qui existimat simili paene ex causa et aëra concuti et terram, cum in inferiore parte spiritus crassum aëra et in nubes coactum eadem vi, qua apud nos quoque nubila frangi solent, rupit, et ignis ex hoc collisu nubium cursuque elisi aëris emicuit. hic ipse in obvia incurrit exitum quaerens ac divellit repugnantia, donec per [II 26. 40] angustum aut nactus est viam exeundi ad caelum aut vi et iniuria fecit. Vgl. AMM. MARC. XVII 7, 11.