59 A 90. AËT. III 13, 2 [Dox. 381; a proposito del mare, come si è formato e perché è salato]. Secondo Anassagora, una volta prosciugato il primitivo umido stagnante dalla rivoluzione solare, essendo evaporata la parte più leggera, il resto si è depositato in sostanza salata e amara. ALEX. meteor. 67, 17 [cfr. THEOPHR. phys. opin. fr. 23; Dox. 495]. La terza opinione riguardo al mare è che l'acqua che filtra attraverso la terra e la lava diventa salata perché la terra contiene in sé tali umori: a prova di ciò essi portavano il fatto che dalla terra si estraggono sali e nitrati e che in molte parti della terra vi sono umori acidi. Di questa opinione erano anche Anassagora e Metrodoro [70 A 19]. C.M.G. V 10, 1 [traduzione araba di GALEN. comm. in epid. II] 193,6 Pfaff. Noi troviamo che anche l'acqua, se il fuoco o il sole la riscaldano eccessivamente, inclina, per così dire, alla salinità, solo che nel prendere tale sapore salato le acque si comportano in diversa maniera a seconda della loro originaria natura, e cioè l'acqua che prende rapidamente il sapore salato se viene riscaldata, e in cui esso sapore domina fondamentalmente, non si può bere. Anassagora chiama questo sapore 'natronico' da natron, perché anche il natron è un sale. E Ippocrate dice di questo sapore che è prodotto dal calore, ma il calore che lo produce non dev'essere eccessivamente forte, come quello che produce l'amaro. Qui però c'è una prova che nel definire natronico questo sapore non ci si è comportati a dovere, poiché nel natron l'amaro supera il salato. Chi dunque ha indicato questo sapore con un nome più adatto è stato Ippocrate e Platone: e infatti Ippocrate lo chiama 'ricco di sale', Platone 'salato'. 59 A 90. AËT. III 13, 2 (D. 381; περὶ θαλάττης πῶς συνέστη καὶ πῶς ἐστι πικρά) Ἀ. τοῦ κατ' ἀρχὴν λιμνάζοντος ὑγροῦ περικαέντος ὑπὸ τῆς ἡλιακῆς περιφορᾶς καὶ [II 27. 1 App.] τοῦ λεπτοτάτου ἐξατμισθέντος εἰς ἁλυκίδα καὶ πικρίαν τὸ λοιπὸν ὑποστῆναι. ALEX. in meteor. 67, 17 (auch aus THEOPHR. fr. 23; D. 495) τρίτη δὲ δόξα περὶ θαλάσσης ἐστὶν ὡς ἄρα τὸ ὕδωρ τὸ διὰ τῆς γῆς διηθούμενον καὶ διαπλῦνον αὐτὴν ἁλμυρὸν γίνεται τῶι ἔχειν τὴν γῆν τοιούτους χυμοὺς ἐν αὑτῆι˙ οὗ σημεῖον [II 27. 5 App.] ἐποιοῦντο τὸ καὶ ἅλας ὀρύττεσθαι ἐν αὐτῆι καὶ νίτρα˙ εἶναι δὲ καὶ ὀξεῖς χυμοὺς πολλαχοῦ τῆς γῆς. ταύτης πάλιν τῆς δόξης ἐγένετο Ἀναξαγόρας τε καὶ Μητρόδωρος [70 A 19]. Vgl. HIPPOCR. de aëre aqu. loc. 8 CMG I 1p. 62, 9 - CMG V 10, 1 (arabische Übersetzung des Galenischen Kommentars zu Epid. II) S. 193, 6 Pfaff: Wir finden ja auch das Wasser, wenn das Feuer oder die [II 27. 10] Sonne es übermäßig erhitzt, sozusagen zur Salzigkeit neigend, nur daß die Arten des Wassers im Annehmen von Salzgeschmack sich nach ihrer ersten Natur unterscheiden; Wasser nämlich, das schnell Salzgeschmack annimmt, wenn es erhitzt wird, und in dem er dann gründlich vorherrscht, kann man nicht trinken. Anaxagoras nennt diesen Geschmack "natronisch'' [II 27. 15] von dem Wort "Natron", weil Natron auch Salz ist. Und Hippokrates sagt von diesem Geschmack, daß er von der Hitze erzeugt werde, aber die ihn erzeugende Hitze sei nicht übermäßig stark wie die Bitterkeit erzeugende Hitze. Darin liegt aber ein Beweis, daß man bei der Benennung dieses Geschmackes mit "natronisch" nicht richtig verfahren ist, weil das [II 27. 20 App.] Bittere im Natron das Salzige überwiegt. Wer aber diesen Geschmack mit dem brauchbarsten Namen bezeichnet hat, ist Hippokrates und Platon. Denn Hippokrates nennt ihn salzreich und Platon "salzig".