68 A 98. SENEC. nat. quaest. VI 20, 1-4 [da Posidonio]. Democrito sostiene che siano parecchie [le cause del terremoto]. Dice infatti che certe volte il terremoto è prodotto dal vento, talvolta dall'acqua, talvolta dall'uno e dall'altra, e ne dà questa spiegazione: «Una certa parte della terra è cava: ivi confluisce una grande quantità di acqua. Una parte di quest'acqua49* è leggera e più fluida delle altre. Quando pel sopraggiungere dell'elemento più pesante l'acqua più leggera viene respinta, essa va a urtare contro la crosta terrestre e la muove, perché non potrebbe agitarsi senza mettere in moto altresì ciò contro cui va ad urtare » ... (2) «Quando l'acqua è tutta accumulata in un luogo e non riesce più a starci, fa pressione verso qualche parte e si apre una via, prima col peso, poi coll'impeto; e certo, per essere stata a lungo rinchiusa, non può uscire se non per una via in pendenza né cadere in linea retta moderatamente o senza scuotimento degli strati che attraversa e di quelli su cui va a cadere. (3) Se poi, quando l'acqua comincia a diventar travolgente, deve fermarsi in qualche luogo e la forza della corrente si ripiega su se stessa, l'acqua viene respinta verso la terra più compatta e la scuote dalle parti in cui è inclinata più fortemente. Inoltre accade talvolta che la terra, divenuta molle per la grande quantità di liquido che accoglie nel sottosuolo, subisce degli abbassamenti e il fondo stesso si guasta: allora la pressione si esercita attraverso la parte su cui maggiormente agisce il peso delle acque impetuose. (4) Talvolta il vento spinge i flutti, e, se incalza con violenza, scuote naturalmente quella parte del suolo verso cui spinge la massa acquea; altre volte, penetrato in cavità sotterranee e cercando una via d'uscita, scuote tutti i luoghi circostanti; si aggiunga che, se la terra è permeabile al vento, il vento dal canto suo è troppo sottile per poter essere escluso dal sottosuolo, e troppo violento perché la terra possa opporre resistenza al suo impeto e alla sua velocità». AËT. III 15, 7 [Dox. 380]. G AËT. III 15, 7 [Dox. 380]. Parmenide e Democrito affermano che [la terra], essendo equidistante rispetto ad ogni parte [del cosmo], rimane in equilibrio, non essendovi ragione che debba pendere più da una parte che da un'altra: perciò essa è soggetta solo agli scuotimenti del terremoto; ma non si muove. / 68 A 98. SENEC. Nat. qu. VI 20 [aus Poseidonios] (1) D. plura putat [Ursachen der Erdbeben] ait enim motum aliquando spiritu fieri, aliquando [II 107. 15 App.] aqua, aliquando utroque, et id hoc modo prosequitur aliqua pars terrae concava est in hanc aquae magna vis confluit. ex hac est aliquid tenue et ceteris liquidius. hoc cum superveniente gravitate reiectum est, illiditur terris et illas movet nec enim fluctuari potest sine motu eius, in quod impingitur ... (2) ubi in unum locum congesta est et capere se desiit, aliquo incumbit [II 107. 20 App.] et primo viam pondere aperit deinde impetu. nec enim exire nisi per devexum potest diu inclusa nec in derectum cadere moderate aut sine concussione eorum, per quae vel in quae cadit. (3) si vero, cum iam rapi coepit, aliquoiam rapi coepit, aliquo loco substitit et illa vis fluminis in se revoluta est, in continentem terram repellitur et illam, qua parte maxime pendet, exagitat. praeterea aliquando [II 107. 25 App.] madefacta tellus liquore penitus accepto altius sedit et fundus ipse vitiatur tunc ea pars premitur, in quam maxime aquarum vergentium pondus inclinat. (4) spiritus vero nonnumquam impellit undas et si vehementius institit, eam scilicet partem terrae movet, in quam coactas aquas intulit nonnumquam in terrena itinera coniectus et exitum quaerens movet omnia [II 107. 30 App.] ut terra autem penetrabilis ventis est, ita spiritus subtilior est quam ut possit excludi, vehementior, quam ut sustineri concitatus ac rapidus. AËT. III 15, 7 [28 A 44]. G AËT. III 15, 7 [Dox. 380]. Παρμενίδης Δημόκριτος διὰ τὸ πανταχόθεν ἴσον ἀφεστῶσαν μένειν ἐπὶ τῆς ἰσορροπίας, οὐκ ἔχουσαν αἰτίαν δι' ἣν δεῦρο μᾶλλον ἢ ἐκεῖσε ῥέψειεν ἄν: διὰ τοῦτο μόνον μὲν κραδαίνεσθαι μὴ κινεῖσθαι δέ. /