68 A 132. THEOPHR. de caus. plant. VI 7, 2. Altra questione che lascia incerti è questa: in qual modo per Democrito [i sapori] possano derivare l'uno dall'altro. Perché è necessario che si dia uno di questi tre casi: o che gli atomi assumano una figura diversa, trasformandosi da scaleni ed acutangoli in atomi rotondi; oppure che, essendo presenti [in ciascuna sostanza] atomi di ogni qualità, per esempio atomi dell'acre e dell'acido e del dolce, alcuni di questi atomi vengano espulsi (poiché in ogni composto vi sono degli atomi che stanno alla superficie e ve ne sono altri che sono propri di ogni altro sapore che può manifestarsi), mentre gli altri atomi rimarrebbero; oppure, terzo caso, che parte degli atomi escano dal composto ed altri vi penetrino. Ma, poiché è impossibile che gli atomi cangino di forma (infatti ciò che è indivisibile non può subire alterazioni), rimangono possibili soltanto gli altri due casi: o che alcuni atomi penetrino ed altri escano, 〈o che alcuni rimangano ed altri escano dal composto〉. Ambedue questi casi, però, sono assurdi: perché bisognerebbe completare la dimostrazione, spiegando anche che cosa è che opera e porta in atto queste modificazioni. 68 A 132. THEOPHR. de caus. plant. VI 7, 2 Δημοκρίτωι μέν γε πῶς ποτε ἐξ ἀλλήλων ἡ γένεσις [sc. τῶν χυμῶν], ἀπορήσειεν ἄν τις. ἀνάγκη γὰρ ἢ τὰ σχήματα μεταρρυθμίζεσθαι καὶ ἐκ σκαληνῶν καὶ ὀξυγωνίων περιφερῆ γίνεσθαι, ἢ πάντων ἐνυπαρχόντων οἷον [II 114. 10 App.] τῶν τε τοῦ στρυφνοῦ καὶ ὀξέος καὶ γλυκέος τὰ μὲν ἐκκρίνεσθαι (τὰ 〈ἑκάσ〉των πρότερ' ὄντ' ἀεί, τὰ δ' οἰκεῖα καθ' ἕκαστον), θάτερα δὲ ὑπομένειν, ἢ τρίτον τὰ μὲν ἐξιέναι τὰ δ' ἐπεισιέναι. ἐπεὶ δ' ἀδύνατον μετασχηματίζεσθαι (τὸ γὰρ ἄτομον ἀπαθές), λοιπὸν τὰ μὲν εἰσιέναι τὰ δ' ἐξιέναι 〈ἢ τὰ μὲν ὑπομένειν τὰ δ' ἐξιέναι〉. ἄμφω δὲ ταῦτα ἄλογα˙ προσαποδοῦναι γὰρ δεῖ καὶ τί τὸ ἐργαζόμενον ταῦτα καὶ [II 114. 15] ποιοῦν. Vgl. VI 17, 11.