68 A 151. AELIAN. nat. anim. XII 16. Dice Democrito che il maiale e il cane sono bestie multipare e ne spiega la ragione col dire che hanno molti uteri e molte parti atte ad accogliere lo sperma. Così l'eiaculazione non le riempie tutte quante in una sola volta, e queste bestie tornano a montare per due e per tre volte, affinché la ripetizione possa riempire le parti atte a raccogliere il seme. Dice poi che le mule non possono generare, perché non hanno uteri simili a quelli degli animali, ma di forma affatto diversa e affatto inadatti ad accogliere il seme, dato che il mulo non è creazione della natura ma prodotto artificiale e surrettizio dovuto a disegno umano e all'audacia, per così dire, di un adultero. Io ritengo, egli dice, che la cavalla una volta sia diventata gravida per avere subito accidentalmente la violenza dell'asino e che gli uomini, avendo appreso questa sorta di violenza, di poi abbiano fatto diventare una consuetudine la generazione di siffatti animali. E dice che specialmente gli asini della Libia, che sono grandissimi, montano le cavalle, ma non quelle con la criniera, bensì le tosate: infatti se la cavalla avesse il proprio ornamento della criniera, non si lascerebbe montare da un tale marito, dicono gli esperti di siffatto genere di matrimoni. HIPPOCR. de nat. inf. 31 [VII 540]. Che i gemelli siano prodotti da un solo atto di copulazione, risulta da questo indizio: il cane e il maiale, e tutti gli animali che partoriscono in seguito a una sola copulazione, mettono alla luce in una volta due piccoli o più e ciascuno dei nascituri nell'utero è in una propria sinuosità e si trova ravvolto da una membrana; e noi lo constatiamo quando nascono; e questi animali partoriscono tutti quei piccoli, per lo più, nella medesima giornata. [ARISTOT.] probl. 10, 14. 802 a 38. Perché alcuni degli animali sono multipari, come il maiale, il cane, la lepre, ed altri no, come l'uomo e il leone? Forse perché gli uni hanno molti uteri e matrici che tendono ad essere riempiti e tra i quali si suddivide il seme genitale, gli altri invece no. 68 A 151. AEL. H. N. XII 16 λέγει Δ. πολύγονα εἶναι ὗν καὶ κύνα καὶ τὴν αἰτίαν προστίθησι λέγων, ὅτι πολλὰς ἔχει τὰς μήτρας καὶ τοὺς τόπους τοὺς δεκτικοὺς τοῦ [II 125. 10 App.] σπέρματος. ὁ τοίνυν θορὸς οὐκ ἐκ μιᾶς ὁρμῆς ἁπάσας αὐτὰς ἐκπληροῖ, ἀλλὰ δίς τε καὶ τρὶς ταῦτα τὰ ζῶια ἐπιθόρνυται, ἵνα ἡ συνέχεια πληρώσηι τὰ τοῦ γόνου δεκτικά. ἡμιόνους δὲ λέγει μὴ τίκτειν˙ μὴ γὰρ ἔχειν ὁμοίας μήτρας τοῖς ἄλλοις ζώιοις, ἑτερομόρφους δέ, ἥκιστα δυναμένας γονὴν δέξασθαι˙ μὴ γὰρ εἶναι φύσεως ποίημα τὴν ἡμίονον, ἀλλὰ ἐπινοίας ἀνθρωπίνης καὶ τόλμης ὡς ἂν εἴποις μοιχιδίου ἐπιτέχνημα [II 125. 15 App.] τοῦτο καὶ κλέμμα. δοκεῖ δέ μοι, ἦ δ' ὅς, ὄνου ἵππον βιασαμένου κατὰ τύχην κυῆσαι, μαθητὰς δὲ ἀνθρώπους τῆς βίας ταύτης γεγενημένους εἶτα μέντοι προελθεῖν ἐπὶ τὴν τῆς γονῆς αὐτῶν συνήθειαν. καὶ μάλιστά γε τοὺς τῶν Λιβύων ὄνους μεγίστους ὄντας ἐπιβαίνειν ταῖς ἵπποις οὐ κομώσαις ἀλλὰ κεκαρμέναις˙ ἔχουσα γὰρ τὴν ἑαυτῆς ἀγλαΐαν τὴν διὰ τῆς [II 125. 20 App.] κόμης οὐκ ἂν ὑπομείνειε τὸν τοιόνδε γαμέτην, οἱ σοφοὶ τοὺς τούτων γάμους φασίν. HIPPOCR. de nat. inf. 31 (VII 540 L.) ὅτι δὲ ἀφ' ἑνὸς λαγνεύματος δίδυμαγίνεται, ἱστόριον τόδε ἐστί˙ κύων καὶ ὗς καὶ ἄλλα ζῶια ὅσα ἀφ' ἑνὸς λαγνεύματος τίκτει καὶ δύο καὶ πλείονα, καὶ ἕκαστον τῶν ζώιων ἐν τῆισι μήτρηισιν ἐν κόλπωι καὶ ὑμένι ἐστί, καὶ ταῦτα αὐτοὶ ὁρέομεν γινόμενα καὶ ταῦτα τίκτει τῆι αὐτῆι ἡμέρηι [II 125. 25 App.] πάντα ὡς ἐπὶ τὸ πλεῖστον. [ARISTOT.] Probl. 10, 14. 802 a 38 διὰ τί τὰ μὲν πολύτεκνα τῶν ζώιων οἷον ὗς, κύων, λαγώς, τὰ δὲ οὔ, οἷον ἄνθρωπος, λέων; ἢ ὅτι τὰ μὲν πολλὰς μήτρας καὶ τόπους ἔχει οὓς καὶ πίμπλασθαι ἐπιθυμεῖ καὶ εἰς ἃ σχίζεται ἡ γονή, τὰ δὲ τοὐναντίον. ARISTOT. de gen. anim. B 8. 747a 29 Δ. μὲν γάρ φησι διεφθάρθαι τοὺς πόρους τῶν ἡμιόνων ἐν ταῖς ὑστέραις διὰ τὸ μὴ ἐκ συγγενῶν [II 125. 30 App.] γίνεσθαι τὴν ἀρχὴν τῶν ζώιων (schon unter n. 149).