68 A 155. AELIAN. nat. anim. XII 20. I tori senza corna, poiché non hanno l'osso alveolato (così lo chiama Democrito volendo intendere l'osso spugnoso) nella posizione della fontanella frontale ed hanno l'intero osso cranico impenetrabile e inadatto ad accogliere gli umori che vi confluiscono, sono ignudi [nella fronte] e privi di mezzi di difesa. Anche le vene che trovansi sopra a quell'osso, come quelle che ricevono meno nutrimento, sono più sottili e deboli. Perciò deve essere anche più secca la nuca negli animali senza corna: infatti le vene della nuca sono più sottili, e quindi sono anche meno forti. Nella razza poi dei buoi arabi ci sono delle femmine che tuttavia hanno le corna bene sviluppate: e in queste è l'abbondante affluenza degli umori, dice [Democrito], che dà nutrimento a un eccellente tessuto osseo per le corna. Ma anche tra queste sono prive di corna quelle che hanno troppo duro l'osso destinato ad accogliere l'umore e quindi del tutto inadatto a ricevere i succhi. E, per dirla in breve, l'afflusso di questi [umori] è la causa del crescere delle corna; e le vene che convogliano questo afflusso sono numerosissime e molto grosse e secernono tanto umore quanto ne possono contenere. 68 A 155. AEL. H. N. XII 20 οἱ δὲ ἄκερωι ταῦροι τὸ τενθρηνιῶδες (οὕτω δὲ ὀνομάζει Δ.) [II 126. 30] ἐπὶ τοῦ βρέγματος οὐκ ἔχοντες (εἴη δ' ἂν τὸ σηραγγῶδες λέγων) ἀντιτύπου τοῦ παντὸς ὄντος ὀστέου καὶ τὰς συρροίας τῶν χυμῶν οὐ δεχομένου γυμνοί τε καὶ ἄμοιροι γίνονται τῶν ἀμυντηρίων. καὶ αἱ φλέβες δὲ αἱ κατὰ τοῦ ὀστέου τοῦδε ἀτροφώτεραι οὖσαι λεπτότεραί τε καὶ ἀσθενέστεραι γίνονται. ἀνάγκη δὲ καὶ ξηρότερον τὸν αὐχένα τῶν ἀκεράτων εἶναι. λεπτότεραι γὰρ καὶ αἱ τούτου φλέβες, [II 126. 35] ταύτηι τοι καὶ ἐρρωμέναι ἧττον. ὅσαι δὲ Ἀράβιοι βόες θήλειαι μέν εἰσι τὸ γένος, εὐφυεῖς δὲ τὰ κέρατα, καὶ ταύταις ἥ γε πολλὴ ἐπίρροια τῶν χυμῶν, φησί, τροφὴ τῆς εὐγενοῦς βλάστης τοῖς κέρασίν ἐστιν. ἄκερωι δὲ καὶ αὗται ὅσαι τὸ δεκτικὸν τῆς ἰκμάδος ὀστέον στερεώτερόν τε ἔχουσι καὶ δέχεσθαι τοὺς χυμοὺς ἥκιστον. καὶ συνελόντι εἰπεῖν αὔξης ἡ ἐπιρροὴ αἰτία τοῖς κέρασι˙ ταύτην δὲ ἄρα [II 126. 40] ἐποχετεύουσι φλέβες πλεῖσταί τε καὶ παχύταται καὶ ὑγρὸν κύουσαι ὅσον καὶ δύνανται στέγειν.