68 A 165. ALEX. quaest. II 23 [II 72, 28; sulla calamita: perché attrae il ferro]. Democrito poi ritiene anch'egli che si producano degli effluvi e che il simile sia attratto verso il simile, aggiungendo però che ogni cosa è portata verso il vuoto. In base a queste premesse, suppone che la calamita e il ferro siano composti di atomi simili, ma più sottili quelli della calamita, e che questa sia meno densa e contenga più vuoto che non il ferro; e che perciò gli atomi della calamita, avendo una mobilità maggiore, sono attratti più velocemente verso il ferro - giacché il movimento è verso il simile - e, penetrati nei pori del ferro, muovono gli atomi di quello, riuscendo per la loro piccolezza a penetrare in mezzo ad essi, sicché gli atomi del ferro, messi in movimento da loro, sono tratti fuori e le loro emanazioni si dirigono verso la calamita, sia per la somiglianza, sia perché questa contiene maggior quantità di vuoti: a queste emanazioni va dietro addirittura il pezzo di ferro, per la compattezza dell'aggregazione e per la forza che lo trascina, ed è portato anch'esso verso la calamita. La calamita invece non è mai attratta verso il ferro, perché il ferro non ha tanti vuoti quanti ne ha la calamita. Ammesso però che si possa dimostrare che la calamita ed il ferro sono composti di atomi simili, come si potrà mai dimostrare anche per l'ambra e la paglia? E quand'anche per l'ambra e la paglia si potesse dimostrare che questa è la causa, resta che parecchi sono i corpi attratti dall'ambra. Che se poi gli atomi [di cui è composta l'ambra] sono simili a quelli di tutti questi corpi, questi a lor volta dovranno essere simili per composizione atomica anche tra loro e dovrebbero attrarsi reciprocamente. ALEX. quaest. II 23 ap. SIMPLIC. phys. 1056, 1. ... o invero vi sono delle emanazioni materiali provenienti dai corpi che sono in quiete e che così sono capaci di attrarre: ed è appunto perché queste emanazioni raggiungono i corpi soggetti all'attrazione e vi si impigliano - secondo certuni - che i corpi vengono attratti. 68 A 165. ALEX. Quaest. II 23 (II 72, 28 Bruns; περὶ τῆς Ἡρακλείας λίθου διὰ τί ἕλκει τὸν σίδηρον) ὁ Δ. δὲ καὶ αὐτὸς ἀπορροίας τε γίνεσθαι τίθεται καὶ τὰ ὅμοια [II 128. 30 App.] φέρεσθαι πρὸς τὰ ὅμοια, ἀλλὰ καὶ εἰς τὸ κενὸν πάντα φέρεσθαι. ταῦθ' ὑποθέμενος λαμβάνει τὸ τὴν λίθον καὶ τὸν σίδηρον ἐξ ὁμοίων ἀτόμων συγκεῖσθαι, λεπτοτέρων δὲ τὴν λίθον, καὶ ἐκείνου ἀραιοτέραν τε καὶ πολυκενωτέραν αὐτὴν εἶναι καὶ διὰ τοῦτ' εὐκινητότερ' ὄν〈τα τὰ ἄτομα〉 θᾶττον ἐπὶ τὸν σίδηρον φέρεσθαι (πρὸς γὰρ τὰ ὅμοια ἡ φορά) καὶ ἐνδυόμενα εἰς τοὺς πόρους τοῦ σιδήρου [II 128. 35 App.] κινεῖν τὰ ἐν ἐκείνωι σώματα διαδυόμενα δι' αὐτῶν διὰ λεπτότητα, τὰ δὲ κινηθέντα ἔξω τε φέρεσθαι ἀπορρέοντα καὶ πρὸς τὴν λίθον διά τε ὁμοιότητα καὶ διὰ τὸ κενὰ ἔχειν πλείω, οἷς ἑπόμενον τὸν σίδηρον διὰ τὴν ἀθρόαν ἔκκρισίν τε καὶ φορὰν φέρεσθαι καὶ αὐτὸν πρὸς τὴν λίθον. οὐκέτι δὲ ἡ λίθος πρὸς τὸν σίδηρον φέρεται, ὅτι μὴ ἔχει τοσαῦτα ὁ σίδηρος κενὰ ὅσα ἡ λίθος. ἀλλὰ τὸ μὲν τὴν λίθον καὶ τὸν [II 128. 40] σίδηρον ἐξ ὁμοίων συγκεῖσθαι δέξαιτ' ἄν τις, πῶς δὲ καὶ τὸ ἤλεκτρον καὶ τὸ ἄχυρον; [II 129. 1 App.] ὅταν δὲ καὶ ἐπ' ἐκείνων λέγηι τις ταύτην τὴν αἰτίαν, ἔστι πολλὰ ἑλκόμενα ὑπὸ τοῦ ἠλέκτρου. οἷς πᾶσιν εἰ ἐξ ὁμοίων σύγκειται, κἀκεῖνα ἐξ ὁμοίων ἀλλήλοις συγκείμενα ἕλκοι 〈ἂν〉 ἄλληλα. DERS. bei SIMPL. Phys. 1056, 1 ἢ γὰρ ἀπόρροιαί τινές εἰσιν ἀπὸ τῶν ἠρεμούντων καὶ οὕτως ἑλκόντων σωματικαί, δι' ὧν ἁπτομένων [II 129. 5 App.] καὶ ἐμπλεκομένων, ὥς τινες λέγουσιν, ἕλκεται τὰ ἑλκόμενα ἢ . . .