[32] καὶ οὕτως ἐλθόντα εἰς Ἀθήνας Κράτητι παραβαλεῖν. δοκεῖ δέ, φησί, καὶ τὸ τέλος αὐτὸς ὁρίσαι τῶν πλανωμένων περὶ τὰς ἀποφάσεις. ὤμνυε δέ, φασί, καὶ κάππαριν, καθάπερ Σωκράτης τὸν κύνα.

ἔνιοι μέντοι, ἐξ ὧν εἰσιν οἱ περὶ Κάσσιον τὸν σκεπτικόν, ἐν πολλοῖς κατηγοροῦντες τοῦ Ζήνωνος, πρῶτον μὲν τὴν ἐγκύκλιον παιδείαν ἄχρηστον ἀποφαίνοντα λέγειν ἐν ἀρχῇ τῆς Πολιτείας, δεύτερον ἐχθροὺς καὶ πολεμίους καὶ δούλους καὶ ἀλλοτρίους λέγειν αὐτὸν ἀλλήλων εἶναι πάντας τοὺς μὴ σπουδαίους, καὶ γονεῖς τέκνων καὶ ἀδελφοὺς ἀδελφῶν, 〈καὶ〉 οἰκείους οἰκείων.
[32] E così venuto in Atene s'incontrò con Cratete. Sembra - dice ancora Demetrio - che egli abbia definito il fine più alto di ogni azione, mentre gli altri oscillavano nelle loro dichiarazioni. Tramandano anche che era solito giurare per il cappero, 69* così come Socrate per il cane.
Alcuni - e fra questi v'è lo scettico Cassio - rivolgevano aspre critiche a Zenone: in primo luogo lo accusavano perché egli all'inizio della Repubblica definiva inutile l'educazione enciclopedica, 70* in secondo luogo perché egli sosteneva che coloro che non sono virtuosi erano avversari, nemici e servi ed estranei gli uni agli altri: così anche i padri ai figli, i fratelli ai fratelli, i parenti ai parenti.