[33] Εὐριπίδου δ' ἐν τῇ αὐτοῦ εἰπόντος περὶ ἀρετῆς (Electra 379),

κράτιστον εἰκῆ ταῦτ' ἐᾶν ἀφειμένα,

ἀναστὰς ἐξῆλθε, φήσας γελοῖον εἶναι ἀνδράποδον μὲν μὴ εὑρισκόμενον ἀξιοῦν ζητεῖν, ἀρετὴν δ' οὕτως ἐᾶν ἀπολωλέναι. ἐρωτηθεὶς πότερον γήμαι ἢ μή, ἔφη, "ὃ ἂν αὐτῶν ποιήσῃς, μεταγνώσῃ." ἔλεγέ τε θαυμάζειν τῶν τὰς λιθίνας εἰκόνας κατασκευαζομένων τοῦ μὲν λίθου προνοεῖν ὅπως ὁμοιότατος ἔσται, αὑτῶν δ' ἀμελεῖν, ὡς μὴ ὁμοίους τῷ λίθῳ φαίνεσθαι.

ἠξίου δὲ καὶ τοὺς νέους συνεχὲς κατοπτρίζεσθαι, ἵν' εἰ μὲν καλοὶ εἶεν, ἄξιοι γίγνοιντο˙ εἰ δ' αἰσχροί, παιδείᾳ τὴν δυσείδειαν ἐπικαλύπτοιεν.

[33] Udendo il verso dell'Auge di Euripide in cui il poeta dice della virtù: 103*

La cosa migliore è lasciarla andare secondo il caso

si alzò ed andò via, dicendo che è ridicolo ammettere che si debba ricercare uno schiavo che non si trova, e lasciare andare alla malora la virtù, in questo modo. Interrogato se bisognasse sposarsi o no, rispose: «In entrambi i casi, ti pentirai». Diceva di meravigliarsi che gli scultori di statue marmoree si preoccupavano di rendere il blocco di marmo il più possibile simile all'uomo, ma che essi stessi non si curavano affatto di non apparire simili al marmo. 104* Riteneva che i giovani dovessero costantemente guardarsi nello specchio o allo scopo di adeguare alla loro bellezza - se vi fosse - il loro comportamento o di nascondere i loro difetti con l'educazione.