[36] ὁ δὲ Δημήτριος ὑπὲρ ἑκατὸν τάλαντά φησιν εἶναι αὐτῷ τὸ μέρος, ἃ πάντα καταναλῶσαι.
λέγει δ' ὅτι τοσοῦτον ἦν φιλόπονος ὥστε τοῦ περικήπου δωμάτιόν τι ἀποτεμόμενος κατάκλειστος ἦν˙ καί ποτε τοῦ πατρὸς αὐτοῦ πρὸς θυσίαν βοῦν ἀγαγόντος καὶ αὐτόθι προσδήσαντος, ἱκανὸν χρόνον μὴ γνῶναι, ἕως αὐτὸν ἐκεῖνος διαναστήσας προφάσει τῆς θυσίας καὶ τὰ περὶ τὸν βοῦν διηγήσατο.

δοκεῖ δέ, φησί, καὶ Ἀθήναζε ἐλθεῖν καὶ μὴ σπουδάσαι γνωσθῆναι, δόξης καταφρονῶν. καὶ εἰδέναι μὲν Σωκράτη, ἀγνοεῖσθαι δὲ ὑπ' αὐτοῦ˙ 'ἦλθον γάρ,' φησίν (DK 68 B 116), 'εἰς Ἀθήνας καὶ οὔτις με ἔγνωκεν.'

[36] Demetrio attesta che la parte che gli toccò superava i cento talenti e che la spese interamente.
Lo stesso autore narra che Democrito era così laborioso che dal giardino che circondava la casa paterna aveva ricavato un piccolo ambiente in cui egli si chiudeva. E una volta il padre portò un bue per sacrificarlo e lo legò proprio là, senza che Democrito si accorgesse di nulla per un bel pezzo, finché il padre lo fece chiamare e levare in piedi per il sacrificio e gli narrò del bue.

A quel che sembra - narra Demetrio - Democrito venne in Atene e non si curò di diventare noto, perché disprezzava la gloria. Egli conobbe Socrate, ma non fu conosciuto da Socrate, e le sue parole furono: «Venni ad Atene e nessuno mi conobbe».