[36] Πρὸς Ἀλεξίνειόν τινα διαλεκτικὸν μὴ δυνάμενον κατ' ἀξίαν τῶν Ἀλεξίνου τι διηγήσασθαι τὸ Φιλοξένῳ πρὸς τοὺς πλινθιακοὺς πραχθὲν εἶπεν˙ ἐκεῖνος γὰρ τὰ αὑτοῦ κακῶς ᾄδοντας τούτους καταλαβὼν αὐτὸς τὰς πλίνθους αὐτῶν συνεπάτησεν, εἰπών, "ὡς ὑμεῖς τὰ ἐμὰ διαφθείρετε, κἀγὼ τὰ ὑμέτερα."

ἤχθετο οὖν δὴ τοῖς μὴ καθ' ὥραν τὰ μαθήματα ἀνειληφόσι. φυσικῶς δέ πως ἐν τῷ διαλέγεσθαι ἐχρῆτο τῷ Φήμ' ἐγώ, καί, Οὐ συγκαταθήσεται τούτοις ὁ δεῖνα, εἰπὼν τοὔνομα˙ ὃ καὶ πολλοὶ τῶν μαθητῶν ἐζήλουν καὶ τὴν ῥητορείαν καὶ πᾶν τὸ σχῆμα.

[36] Ad un dialettico della scuola di Alessino, 82* che non sapeva riferire convenientemente alcuni argomenti del maestro, raccontò la storiella di Filosseno e dei mattonai: una volta Filosseno sorprese dei mattonai che cantavano male le sue melodie e allora si mise a calpestare i loro mattoni dicendo: «Come voi rovinate le mie cose, così io rovino le vostre». Ce l'aveva con tutti quelli che avevano intrapreso gli studi troppo tardi. Nella conversazione, quasi per un bisogno naturale, senza nessun artificio, ricorreva ai modi di dire 'Affermo io' e 'Con ciò non sarà d'accordo il tal dei tali' (con la menzione del nome). Questa sua abitudine e il suo modo di conferire e tutto il suo comportamento erano imitati da molti dei suoi discepoli.