[39] ἀλλὰ καὶ πρός τινα τῶν παίδων, "μεμαστίγωσο ἄν," εἶπεν, "εἰ μὴ ὠργιζόμην."

ἐφ' ἵππου καθίσας εὐθέως κατέβη φήσας εὐλαβεῖσθαι μὴ ἱπποτυφίᾳ ληφθῇ.


τοῖς μεθύουσι συνεβούλευε κατοπτρίζεσθαι˙ ἀποστήσεσθαι γὰρ τῆς τοιαύτης ἀσχημοσύνης. πίνειν δ' εἰς μέθην οὐδαμοῦ πρέπον ἔλεγε πλὴν ἐν ταῖς ἑορταῖς τοῦ καὶ τὸν οἶνον δόντος θεοῦ. καὶ τὸ πολλὰ δὲ καθεύδειν ἀπήρεσκεν αὐτῷ. ἐν γοῦν τοῖς Νόμοις
(VII. 808b) φησί˙


"κοιμώμενος οὐδεὶς οὐδενὸς ἄξιος˙"

εἶναί τε ἥδιον τῶν ἀκουσμάτων τὴν ἀλήθειαν˙ οἱ δὲ τὸ λέγειν τἀληθῆ. καὶ περὶ ἀληθείας δ' ἐν τοῖς Νόμοις φησὶν οὕτως (II. 663e)˙

[39] Si dice anche che ad uno dei suoi servi disse: «Ti avrei sferzato, se non fossi adirato».
Montato a cavallo ne discese immediatamente, dicendo di non voler correre il rischio di farsi prendere dall'orgoglio dei cavalli.
Agli ebbri consigliava di guardarsi nello specchio: solo così si sarebbero astenuti da una tale sconvenienza. Era solito dire che mai in nessun luogo era lecito bere sino alla ubriachezza, eccetto che nelle feste del dio che donò alla umanità il vino.
Non approvava il dormire a lungo: nelle Leggi infatti egli dice: 122*

Chi dorme di nulla è degno.

Diceva inoltre che l'orecchio non ascolta altro nome più dolce della verità; secondo altri, egli avrebbe detto che non la verità, ma dire la verità è la cosa più dolce. Della verità così scrive nelle Leggi: 123*