[42] Εὐβουλίδης μὲν γὰρ ἑκατόν φησιν ὁμολογῆσαι˙ θορυβησάντων δὲ τῶν δικαστῶν, "ἕνεκα μέν," εἶπε, "τῶν ἐμοὶ διαπεπραγμένων τιμῶμαι τὴν δίκην τῆς ἐν πρυτανείῳ σιτήσεως." Καὶ οἳ θάνατον αὐτοῦ κατέγνωσαν, προσθέντες ἄλλας ψήφους ὀγδοήκοντα. καὶ δεθεὶς μετ' οὐ πολλὰς ἡμέρας ἔπιε τὸ κώνειον, πολλὰ καλὰ κἀγαθὰ διαλεχθείς, ἃ Πλάτων ἐν τῷ Φαίδωνί φησιν. ἀλλὰ καὶ παιᾶνα κατά τινας ἐποίησεν, οὗ ἡ ἀρχή˙


Δήλι' Ἄπολλον χαῖρε, καὶ Ἄρτεμι, παῖδε κλεεινώ.

Διονυσόδωρος δέ φησι μὴ εἶναι αὐτοῦ τὸν παιᾶνα (FHG II. 84). ἐποίησε δὲ καὶ μῦθον Αἰσώπειον οὐ πάνυ ἐπιτετευγμένως, οὗ ἡ ἀρχή˙

Αἴσωπός ποτ' ἔλεξε Κορίνθιον ἄστυ νέμουσι
μὴ κρίνειν ἀρετὴν λαοδίκῳ σοφίῃ.

[42] Eubulide 122* però tramanda che convenne di pagarne cento; poiché i giudici tumultuarono, egli disse: «Per i servizi da me resi allo Stato, valuto la mia pena ad esser mantenuto nel Pritaneo a pubbliche spese». 123* E fu condannato a morte, con altri ottanta voti di più. E fu messo in prigione e, dopo non molti giorni, bevve la cicuta, dopo aver tenuto molti e nobili discorsi, che Platone conserva nel Fedone. Secondo alcuni compose anche un peana, il cui inizio è:

Delio Apollo, salve, e tu, Artemide, inclita prole. 124*

Dionisodoro 125* dice che il peana non è suo. Compose anche una favola esopica, 126* con poca arte, invero, che comincia così: 127*

Ai cittadini di Corinto Esopo disse una volta: non giudicate la virtù col metro della sapienza dei giudici popolari.