[22] Ἤδη δὲ τελευτῶν γράφει πρὸς Ἰδομενέα τήνδε ἐπιστολή˙ (fg. 138 Us.)

"Τὴν μακαρίαν ἄγοντες καὶ ἅμα τελευταίαν ἡμέραν τοῦ βίου ἐγράφομεν ὑμῖν ταυτί. στραγγουρικά τε παρηκολούθει καὶ δυσεντερικὰ πάθη ὑπερβολὴν οὐκ ἀπολείποντα τοῦ ἐν ἑαυτοῖς μεγέθους. ἀντιπαρετάττετο δὲ πᾶσι τούτοις τὸ κατὰ ψυχὴν χαῖρον ἐπὶ τῇ τῶν γεγονότων ἡμῖν διαλογισμῶν μνήμῃ. σὺ δ' ἀξίως τῆς ἐκ μειρακίου παραστάσεως πρὸς ἐμὲ καὶ φιλοσοφίαν ἐπιμελοῦ τῶν παίδων Μητροδώρου."


Καὶ διέθετο μὲν ὧδε.
Μαθητὰς δὲ ἔσχε πολλοὺς μέν, σφόδρα δὲ ἐλλογίμους Μητρόδωρον Ἀθηναίου ἢ Τιμοκράτους καὶ Σάνδης Λαμψακηνόν˙ ὃς ἀφ' οὗ τὸν ἄνδρα ἔγνω, οὐκ ἀπέστη ἀπ' αὐτοῦ πλὴν ἓξ μηνῶν εἰς τὴν οἰκείαν, ἔπειτ' ἐπανῆλθε.

[22] In punto di morte scrive a Idomeneo 52* questa lettera:

In questo giorno beato, che è insieme l'ultimo della mia vita, vi scrivo queste righe. I dolori derivanti dalla stranguria e dalla dissenteria non mi hanno lasciato mai né hanno mai sminuito la loro intensa violenza. Ma a tutti questi mali resiste la mia anima, lieta nella memoria dei nostri colloqui del passato. Óccupati dei figli di Metrodoro, in modo degno della generosa disposizione spirituale che sin da giovinetto mostrasti verso me e la filosofia.

Tali furono le sue estreme volontà.
Ebbe molti discepoli, fra i quali particolarmente eminente fu Metrodoro di Lampsaco, figlio di Ateneo o di Timocrate e di Sande. Egli, fin dal primo incontro con Epicuro, non si allontanò mai da lui, eccetto un periodo di sei mesi che trascorse nella terra natia, per ritornare di nuovo da lui.