[49] ἔλεγε δὲ συνεχὲς ὅτι αἱρετώτερόν ἐστι τὴν ὥραν ἄλλῳ χαρίζεσθαι ἢ ἀλλοτρίας ἀποδρέπεσθαι˙ καὶ γὰρ εἰς σῶμα βλάπτεσθαι καὶ εἰς ψυχήν. διέβαλλε δὲ καὶ τὸν Σωκράτην, λέγων ὡς εἰ μὲν εἶχεν Ἀλκιβιάδου χρείαν καὶ ἀπείχετο, μάταιος ἦν˙ εἰ δὲ μὴ εἶχεν, οὐδὲν ἐποίει παράδοξον. εὔκολον ἔφασκε τὴν εἰς ᾅδου ὁδόν˙ καταμύοντας γοῦν ἀπιέναι.


τὸν Ἀλκιβιάδην μεμφόμενος ἔλεγεν ὡς νέος μὲν ὢν τοὺς ἄνδρας ἀπάγοι τῶν γυναικῶν, νεανίσκος δὲ γενόμενος τὰς γυναῖκας τῶν ἀνδρῶν.
ἐν Ῥόδῳ τὰ ῥητορικὰ διασκούντων Ἀθηναίων τὰ φιλοσοφούμενα ἐδίδασκε˙ πρὸς οὖν τὸν αἰτιασάμενον ἔφη, "προὺς ἐκόμισα καὶ κριθὰς πιπράσκω;"
[49] Soleva dire ripetutamente che è preferibile largire 108* ad un altro la propria giovanile bellezza anzi che cogliere quella altrui: ciò infatti si risolve in un danno del corpo e dell'anima. Ingiuriò anche Socrate, dicendo che se aveva desiderio di Alcibiade e se ne asteneva, era sciocco; se non ne aveva desiderio, non faceva alcunché di straordinario. Soleva anche dire che la via per l'Ade è facile: 109* in ogni modo coloro che la percorrono hanno gli occhi chiusi. 110*
Criticava Alcibiade dicendo che quando era fanciullo portava via i mariti alle donne, divenuto giovane le mogli ai mariti.
A Rodi, mentre gli Ateniesi si esercitavano nell'oratoria, egli insegnava filosofia: ad uno che trovò da ridire rispose: «Come posso vendere orzo, io che portai grano?»