[54] εὐχωλήν, ἐρώτησιν, ἀπόκρισιν, ἐντολήν (οἱ δὲ εἰς ἑπτά˙ διήγησιν, ἐρώτησιν, ἀπόκρισιν, ἐντολήν, ἀπαγγελίαν, εὐχωλήν, κλῆσιν), οὓς καὶ πυθμένας εἶπε λόγων. Ἀλκιδάμας (Orat. Att. II. 155b) δὲ τέτταρας λόγους φησί˙ φάσιν, ἀπόφασιν, ἐρώτησιν, προσαγόρευσιν.


Πρῶτον δὲ τῶν λόγων ἑαυτοῦ ἀνέγνω τὸν Περὶ θεῶν, οὗ τὴν ἀρχὴν ἄνω παρεθέμεθα˙ ἀνέγνω δ' Ἀθήνησιν ἐν τῇ Εὐριπίδου οἰκίᾳ ἤ, ὥς τινες, ἐν τῇ Μεγακλείδου˙ ἄλλοι ἐν Λυκείῳ, μαθητοῦ τὴν φωνὴν αὐτῷ χρήσαντος Ἀρχαγόρου τοῦ Θεοδότου. κατηγόρησε δ' αὐτοῦ Πυθόδωρος Πολυζήλου, εἷς τῶν τετρακοσίων˙ Ἀριστοτέλης (67 Rose) δ' Εὔαθλόν φησιν.

[54] preghiera, domanda, risposta, comando (altri ne distinsero sette: narrazione, domanda, risposta, comando, relazione, preghiera, invocazione), che egli chiamò basi fondamentali dei discorsi. 180* Alcidamante, 181* invece, distinse i seguenti quattro tipi di proposizioni: affermazione, negazione, domanda, apostrofe.
Dei suoi scritti egli, per primo, lesse in pubblico quello Degli dèi, di cui sopra abbiamo riportato il proemio. Tenne la sua lettura in Atene nella casa di Euripide, o, secondo altri, nella casa di Megaclide. Ma altri la pongono nel Liceo ed aggiungono che il lettore fu un suo discepolo, Arcagora, figlio di Teodoto, che gli prestò la sua voce. Suo accusatore fu Pitodoro, figlio di Polizelo, uno dei Quattrocento; ma Aristotele 182* dice che fu Evatlo.